Quella del Mediterraneo è una storia di opportunità, non pienamente colte, ma anche e soprattutto di responsabilità. Nel mio intervento al Forum Rome Med 2017 – Mediterranean Dialogues lo scorso 1 dicembre sono partito da qui, nella convinzione che conoscere il passato serva a muoversi meglio nel presente e a guardare al futuro con maggior sicurezza. L’area mediterranea è popolata da circa 500 milioni di persone, il 7% della popolazione mondiale: qui si produce oltre il 10% del Pil mondiale, percentuale non lontana da quella della Cina.
Ma sconta anche diverse problematiche dovute in parte al forte gap che persiste tra la macroregione settentrionale e quella meridionale: il Nord, più ricco, nonostante la bassa crescita economica registrata negli ultimi anni sta vivendo una fase positiva e stazionaria, un ciclo economico migliore e comunque con una certa crescita a lungo termine prevista al di sotto del 3%. Il Sud invece, con un Prodotto interno lordo 87 volte inferiore, ha maggiori potenzialità di sviluppo grazie all’ingente presenza di risorse. Non a caso la crescita economica è stabilmente sopra il 3% a esclusione dei Paesi colpiti dalla guerra come Libia e Siria. Opportunità quindi che si scontrano con una situazione incerta, le cui conseguenze vanno oltre le logiche dell’economia. Basti prendere in considerazione l’Africa, dove Eni opera dal 1954: qui il divario Nord-Sud ha portato anche a fenomeni di carattere sociale che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Quelli migratori ad esempio si sono consolidati in particolare nell’area centrale: dal 2013 dei circa 650 mila migranti arrivati in Italia, il 50% proviene dai Paesi sub sahariani. Eni e tutti gli attori internazionali che operano in quei territori, energetici e non, hanno avuto e hanno grandi responsabilità.
Quello che l’Africa ci ha insegnato in questi sessanta anni e oltre di attività innanzitutto è che non bisogna mai smettere di investire: fermarsi significa contribuire ad accrescere quel gap che ostacola lo sviluppo dell’area mediterranea. Non solo: sono profondamente convinto che investire non basti se lo si fa esclusivamente nell’ottica di perseguire un profitto. Bisogna lavorare per fornire energia e occasioni di crescita industriale ai mercati locali: scegliere di anteporre la creazione di valore al profitto è la miglior risposta a migrazioni, guerre e dunque al sottosviluppo.
In questo i player dell’energia hanno un ruolo fondamentale: Eni lo fa in diversi modi. Abbiamo investito in centrali che danno elettricità alle popolazioni del luogo, in Egitto, Tunisia e Algeria abbiamo orientato il 10% della nostra produzione al mercato domestico e in tutti questi Paesi abbiamo adottato strategie sostenibili, come la ridistribuzione del gas nello stesso Paese in cui viene estratto.
L’Europa e l’Africa sono naturalmente correlate: questa alleanza va sostenuta e sviluppata ma senza l’apporto delle istituzioni si fa fatica. Le loro politiche devono tenere conto del gap e aiutare l’Africa a sviluppare le proprie capacità, il proprio know-how e la propria produzione di energia sotto ogni punto di vista. Il mio auspicio è che nelle prossime edizioni del Forum Med si possa parlare di un Mediterraneo sempre più unito e di opportunità colte in pieno, anche grazie al lavoro di tutti gli attori in campo, ulteriormente consapevoli delle proprie responsabilità in questo ambito.
È l’AD Claudio Descalzi a sottolineare come a contraddistinguere il primo trimestre 2024 di Eni…
L’AD Claudio Descalzi lo scorso novembre, in occasione di un incontro con il Presidente della…
In diverse occasioni l’AD Claudio Descalzi ne ha ribadito il valore sottolineando come la partnership…
L’AD Claudio Descalzi è intervenuto alla CERAWeek, una delle conferenze sull’energia più rilevanti a livello…
È nelle parole con cui l’AD Claudio Descalzi lo scorso 14 marzo ha presentato il…
L’Amministratore Delegato di Eni Claudio Descalzi, in visita ad Abidjan lo scorso 7 marzo, ha…