12 Maggio 2020
È “il periodo più complesso che l’economia mondiale abbia vissuto negli ultimi 70 anni” ma per Eni “l’emergenza Covid può diventare un’opportunità, spingendoci ad accelerare la trasformazione”. Lo dice l’AD Claudio Descalzi nell’intervista a “Milano Finanza” dello scorso 25 aprile, in cui delinea lo scenario in cui si muoverà il gruppo per attraversare e superare le criticità causate dall’emergenza. Su tutte il crollo del prezzo del petrolio: secondo l’AD ci vorrà ancora tempo per riportarlo sopra i 55 dollari e anche allora resterà comunque volatile.
“Nelle nostre stime la fase critica durerà fino a maggio, da giugno partirà una transizione che gradualmente potrà riportare la situazione alla normalità. Finita questa prima fase ci vorrà comunque tempo per veder risalire i prezzi” spiega in merito Claudio Descalzi evidenziando come anche a fronte dei tagli Opec e della sospensione di alcuni progetti da parte delle major ci siano ancora scorte da smaltire per circa 2,8-2,9 miliardi di barili. “Questo e il prossimo anno saranno ancora all’insegna di quotazioni basse: per tornare a uno scenario pre-Covid bisognerà aspettare almeno il 2022 e comunque non ci si scosterà troppo dai 55-60 dollari al barile” specifica quindi l’AD che ipotizza “una ripartenza prima nei Paesi asiatici, con Cina e India in testa a trainare i consumi, specialmente di gas”.
In questo contesto Eni è pronta a minimizzare i contraccolpi intervenendo sui costi fin quando il petrolio non tornerà verso i 60 dollari al barile: “Veniamo da sei anni di volatilità e prezzi che mai sono tornati a livelli davvero alti, abbiamo lavorato per avere uno stato patrimoniale molto robusto, siamo presenti anche in aree dove i costi operativi sono più bassi, e abbiamo la necessaria flessibilità per sospendere la produzione e riprenderla quando si ripresenteranno le condizioni: tutte azioni intraprese per tempo e che ci stanno tornando utili per navigare in questo periodo che spero volga presto al termine”.
La struttura dei costi è l’aspetto più importante da affrontare in questo periodo: “Ho parlato in streaming già a marzo a tutte le persone di Eni e tutte hanno reagito positivamente. Alcune azioni dovranno diventare strutturali, perché non mi interessa limitare le contromisure al solo 2020”.
Per misurare la tenuta di Eni sono già stati elaborati “scenari anche a 35 dollari al barile, che dalla sua ha costi di breakeven di molti progetti intorno a 23 dollari al barile. Per questo parlo di interventi strutturali al di là dell’emergenza. Tutto ciò che va a ridurre i costi fissi deve diventare permanente perché abbiamo davanti una lunga situazione di volatilità”.
La direzione è chiara, anche alla luce dei risultati del primo trimestre 2020, presentati da Claudio Descalzi lo scorso 24 aprile: “Eni ha tenuto, considerando che le misure di cui parlavo prima non hanno ovviamente avuto effetto nel primo trimestre. La cassa di quasi 2 miliardi di euro ha coperto gli investimenti. Il settore mid-downstream è andato molto bene, con un ebit di 600 milioni. Anche il refining e marketing, con un ebit di 81 milioni di euro, ha avuto una performance positiva, nonostante i consumi siano scesi anche dell’80% a causa della pandemia”.
Dunque l’AD si dice positivo “perché Eni ha strumenti, competenze, coesione manageriale e a tutti i livelli per poter reagire”. D’altronde “siamo abituati agli scossoni e abbiamo dimostrato di saper reagire come nel 2014, quando si è innescata la spirale che ha portato a picco i prezzi del petrolio per poi trovare un assestamento su 40 dollari. Ecco, persino in quel periodo siamo riusciti a migliorare il nostro bilancio, a ridurre il debito, e a rendere più performante la produzione”.
La chiave, oggi come allora, è riuscire a trasformare l’emergenza in opportunità: in un contesto problematico, Eni può infatti spingere l’acceleratore sulla propria trasformazione, “un processo che ora è spalmato in un arco di 30 anni, verso commodity completamente verdi”. Come osserva infatti Claudio Descalzi, “la volatilità che stiamo vivendo, le contrapposizioni tra Paesi produttori, persino la pandemia, sono eventi che possono ripresentarsi e questo ci impone di avere sempre più comparti al riparo dalle fluttuazioni. Non a caso, nel trimestre Gas & Power, con un ebit di 430 milioni, e Retail, con 250 mila clienti in più, hanno portato risultati persino in un contesto funestato dal Covid. Riuscire a vendere solo prodotti verdi è l’obiettivo di lungo termine”.