1 Dicembre 2023
Lo sviluppo delle energie rinnovabili, le bioenergie e i biocarburanti giocano un ruolo chiave nel percorso di transizione energetica. Lo ha ricordato Claudio Descalzi intervenendo lo scorso 24 novembre al Forum Coldiretti in programma a Roma: l’AD ha spiegato che per arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050, obiettivo strategico di Eni, è necessario puntare su più soluzioni perché “non si può risolvere un problema così diversificato con una sola scelta”.
Una di queste Eni l’ha individuata nella dimensione bio della produzione di energia: “Da più di dieci anni abbiamo puntato su tecnologie proprietarie per trasformare la raffinazione tradizionale di idrocarburi in bioraffinerie. Questa tecnologia, la Ecofining, tratta in modo prevalente la parte rifiuti, come grassi animali e oli esausti e anche oli vegetali. La parte rifiuti e oli esausti è abbastanza costosa, ma rientra in un ciclo di economia circolare completo. La parte di oli vegetali, di prima generazione, si traduceva in olio di palma, che abbiamo deciso di non prendere perché in conflitto con la catena alimentare e la distruzione di foreste”.
L’AD Claudio Descalzi ha proseguito il suo intervento spiegando come, in risposta a questa esigenza, Eni abbia deciso di spostare il focus in un’altra direzione “entrando nella catena a monte, nell’agricoltura, il nuovo upstream”. Per questo “abbiamo testato l’olio di ricino in zone di transizione in Tunisia, per 4-5 anni, terreni marginali non utilizzabili per processi agricoli. Abbiamo così provato in diverse regioni questo processo non in conflitto con le foreste primarie e secondarie”.
Nella vision di Eni la necessità di sviluppare prodotti sempre più sostenibili e incrementare l’uso di tecnologie che producano energia più pulita impone anche il dovere di contribuire a creare opportunità per i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo, soprattutto in Paesi come quelli dell’Africa Subsahariana, dove il Gruppo continua a consolidare i suoi rapporti con le realtà locali. “In alcuni Paesi africani stiamo lavorando anche sui semi di scarto e negli ultimi tre anni stiamo reperendo queste zone marginali, con appezzamenti da 150 a 300 ettari, che necessitano di poca acqua, in cui collaboriamo con consorzi locali e riusciamo, su 200mila ettari, di avere una occupazione di circa 100-150mila lavoratori. Abbiamo poi dei laboratori di ricerca genetica sulle sementi, in collaborazione con Bonifiche Ferrarresi”, ha aggiunto l’AD Claudio Descalzi secondo cui “per lavorare in Africa ed essere utili non si può pensare di andare e prendere senza dare, serve fare qualcosa di diverso”. Parole che riassumono efficacemente l’approccio di Eni, orientato a uno scambio vicendevole che possa contribuire alla crescita delle comunità e delle economie locali.