21 Giugno 2018
Ritengo che ogni tanto sia necessario fermarsi e riflettere sul nostro ruolo: so bene infatti che guidare un gruppo come Eni le cui attività hanno un forte impatto sull’ambiente e sulla società comporta una responsabilità davvero grande. È anche per questo che ho partecipato con molto piacere al summit organizzato in Vaticano sul valore della transizione energetica insieme ai dirigenti delle altre principali realtà del settore. Sono stati due giorni intensi di lavoro, molto proficui, che sono culminati in un incontro con Papa Francesco.
Il Pontefice ha sottolineato come la questione energetica sia diventata oggi una delle principali sfide, teoriche e pratiche, per la comunità internazionale, da cui dipende la qualità della vita e la risoluzione di conflitti presenti in diverse aree del pianeta. In virtù di questo, ci ha esortato a un maggiore impegno nel sostenere i poveri e l’ambiente, le due grandi fragilità del mondo odierno. Credo che siano essenzialmente tre i fronti su cui dobbiamo concentrarci oggi tutti insieme, da chi produce a chi consuma fino alle istituzioni, se davvero vogliamo vincere la sfida contro il climate change che rischia di distruggere il nostro pianeta.
Innanzitutto dobbiamo impegnarci a ridurre la componente carbonica nelle nostre attività. In secondo luogo occorre rivedere il sistema consumistico: nei Paesi avanzati infatti si produce molto più di quello che si consuma e questo crea spreco di risorse e rifiuti che devono essere trattati. In Eni, ad esempio, sosteniamo fortemente quelle iniziative che puntano a diffondere nella società la cultura dell’economia circolare, del continuo riciclo dei rifiuti sia urbani che industriali.
Infine penso sia altrettanto fondamentale garantire l’accesso all’energia ovunque. Come ha osservato anche Papa Francesco, oggi più di un miliardo di persone nel mondo ne sconta la mancanza: in particolare in Africa e in Asia, aree con la maggior crescita demografica del pianeta. Non posso non concordare con il Santo Padre nel sostenere quanto sia doveroso investire in queste zone. Sono territori ricchi di risorse, ma qui la popolazione consuma un decimo di quello che consuma un cittadino medio americano: bisogna quindi lavorare per dare energia a questi Paesi diversificando le fonti, perché solo così si contribuisce concretamente a sconfiggere la povertà e a dare benessere e sviluppo a questi territori e a quanti vi abitano.
Eni percorre da tempo questa strada: abbiamo investito più di due miliardi di euro in Africa per fornire energia in 15 Paesi come Algeria, Libia, Egitto, Ghana, Tunisia, Angola. Il nostro modello prevede che parte dell’energia prodotta in quei Paesi non venga esportata ma resti lì, a beneficio di quanti li vivono quotidianamente: allo stesso modo puntiamo a creare diversificazione sia sviluppando l’agricoltura che producendo energia rinnovabile. Tutto questo perché condividiamo e siamo ben consapevoli della sfida epocale che abbiamo di fronte e riteniamo un nostro dovere quello di compiere rapidamente passi concreti per accelerare un cambio di rotta, nella stessa direzione che il Santo Padre ci ha indicato durante il convegno in Vaticano.